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Grosio

Grosio

Lunghezza
4 km

Dislivello
110 metri

Tempo di percorrenza
1 ora

Percorribilità
tutto l'anno

Escursione con partenza dal Parco della Villa Visconti Venosta di Grosio fino a toccare il Parco delle incisioni rupestri e il Castello di Grosio.

Villa Visconti Venosta

La nobile Villa Visconti Venosta a Grosio è oggi un'affascinante villa-museo simbolo di storia e personaggi illustri del passato.

All’ingresso del paese di Grosio, in pieno centro storico, sorge Villa Visconti Venosta, antica residenza della nobile famiglia omonima, che era solita trascorrere qui l'estate.

A pianta centrale con portico e loggiato, la Villa è racchiusa da due ali. 

Quella a sinistra, più antica, venne saccheggiata e incendiata nel 1620 e poi ricostruita per volere del gesuita Marcantonio Venosta sul finire del XVII secolo. 

Quella a destra è stata modificata più volte nel corso degli anni secondo il volere del Marchese Emilio, illustre componente della famiglia, importante diplomatico e Ministro degli Esteri del Regno d’Italia. Il Marchese acquistò, inoltre, i terreni circostanti per creare il vasto parco, oggi pubblico, ricco di alberi secolari, una siepe di biancospino e un'alta cinta muraria che, un tempo, garantivano riservatezza alla famiglia.

Oggi la Villa ospita la Biblioteca Civica e il Museo fondato a seguito della donazione da parte della Marchesa Margherita (ultima erede Visconti Venosta che abitò la Villa fino al 1982) e occupa il primo piano, quello nobile abitato dai marchesi, e, nell’ala ovest, il secondo piano un tempo riservato alla servitù. Nel percorso espositivo è possibile ammirare il ricco arredo d'epoca, gli antichi volumi, i cimeli collezzionati nel corso di generazioni e di viaggi, le preziose opere d'arte che fanno parte della collezione del Marchese Emilio appassionato d'arte.

È possibile osservare come le meravigliose stanze interne del palazzo conservino ancora cimeli di alcune conoscenze illustri della casata, come la poltrona di Camillo Benso Conte di Cavour, di cui il Marchese Emilio era amico e sostenitore politico e un volume di proverbi francesi postillato da Alessandro Manzoni.

Le incisioni rupestri della Rupe Magna

La pratica di incidere le superfici rocciose è ben documentata in tutto l’arco alpino, dalla Valle d’Aosta al Veneto. In Lombardia esistono due aree con una forte concentrazione di arte rupestre: la Valle Camonica e la Valtellina. La maggior parte delle incisioni rupestri è stata realizzata con la tecnica detta “a martellina”, ottenuta picchiettando la superfìcie rocciosa con uno strumento di pietra, che crea piccole cavità di forma circolare. Un’altra tecnica adottata è quella “filiforme” o “a graffito”. 

In questo caso le raffigurazioni sono ottenute incidendo la superficie rocciosa con uno strumento a punta.

In Valtellina il gruppo di incisioni più consistente è quello di Grosio: oltre alle incisioni presenti sulla Rupe Magna, scoperte nel 1966 da Davide Pace, altre rocce incise (circa 50) sono state rinvenute, sempre dal Pace (1970), sul Dosso Giroldo, situato a nord del Dosso dei Castelli. La Rupe Magna deve la sua morfologia all’azione del ghiacciaio valtellinese: il lento e continuo scorrimento dei detriti trascinati dalle “lingue” glaciali della Valle dell’Adda e del torrente Roasco ha modellato con ampie montonature la superficie rocciosa. Numerosi sono i temi figurativi incisi sulla Rupe Magna: figure antropomorfe, tra le quali si riconoscono oranti, armati e lottatori, figure di animali, figure geometriche, coppelle, rastrelli e croci.

Le incisioni, datate sulla base dei confronti con oggetti provenienti da scavi archeologici e su analisi stilistiche, furono realizzate tra la fine del Neolitico (IV millennio a.C.) e l’Età del Ferro (I millennio a.C.). Tra il 1991 e il 1995 le incisioni della Rupe Magna sono state rilevate e studiate integralmente. È stato così possibile verificare che le incisioni, oltre 5000, sono variamente distribuite sull’intera superficie rocciosa che, con le sue misure (84 m di lunghezza e 35 m di larghezza), è una delle più grandi delle Alpi.

Castello Visconti Venosta 

In posizione dominante sul promontorio che sovrasta i paesi di Grosotto e Grosio sorgono il Castello di S. Faustino, detto anche Castello Vecchio, e il Castello Visconti Venosta noto anche come Castello Nuovo, ora compresi nel Parco delle incisioni rupestri di Grosio e facilmente raggiungibili a piedi in breve tempo. 

Dopo aver superato la "Rupe Magna", sulla quale sono visibili innumerevoli incisioni preistoriche, si arriva al castello più recente: benché ormai allo stato di rudere, costituisce un interessante esempio castellano tra i meglio conservati della provincia di Sondrio. 

Il fortilizio è caratterizzato da una doppia cinta muraria che ha fatto pensare ad un castello-recinto dove la popolazione potesse rifugiarsi in caso di pericolo, e c'è chi pensa che lo spazio fra le due cortine murarie fosse utilizzato in modo quanto mai flessibile ed efficace, ancorando al muro esterno, a seconda delle necessità, un complesso sistema di scale retrattili e di strutture provvisorie.

Percorrendo la cresta del dosso roccioso fino alla sua estremità occidentale si raggiunge il castello più antico, di minori dimensioni, che aveva funzione unicamente difensiva. Di questo rimangono solo alcuni muri e tratti delle fondamenta, oltre alle tracce dell'abside semicircolare della chiesa castellana dei SS. Faustino e Giovita. Ai piedi del campaniletto romanico figurano due sepolcri scavati nella roccia di datazione ancora incerta, ma riferibili ad un edificio preesistente al castello stesso.

Notizie storiche

I due castelli, posti su un promontorio roccioso frequentato dall'uomo fin dall'epoca preistorica, risalgono a momenti storici molto diversi. 

L'edificio più antico, sull'estremità meridionale del dosso, fu realizzato attorno al X-XI sec. ed è comunemente citato come Castrum Grosii o Castello di S. Faustino, dal nome del martire romano al quale venne dedicata, insieme a S. Giovita, la cappella castellana. I resti murari conservati permettono di riconoscere il perimetro del castello e di alcune strutture ad esso pertinenti. Tra queste svetta il campaniletto romanico, restaurato nella parte superiore verso la fine dell'800. 

La costruzione del Castello Nuovo (Castrum Novum) risale invece al 1350-1370 per volere dei Visconti e con il concorso economico di tutta la valle. Questa nuova costruzione fu concepita per rispondere a mutate esigenze strategiche. Per i Signori di Milano, che nel 1335 avevano conquistato la Valtellina, poter disporre di un castello in questa zona, all'imbocco della Val Grosina, significava aver gioco facile nella conquista del Contado di Bormio, obiettivo raggiunto nel 1376, avvalendosi della fedele collaborazione dei Venosta. Nel 1635-36 furono chiusi i merli per ricavarvi feritoie, più efficaci contro le armi da fuoco. Diversamente dalle altre fortificazioni esistenti in Valle, queste non avevano subito lo smantellamento imposto dal Governo dei Grigioni nel 1526; furono rese inservibili solo nel 1639 in seguito all'insurrezione valtellinese del 1620.

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