Lunghezza
10 km
Dislivello
600 metri
Tempo di percorrenza
4 ore
Percorribilità
tutto l'anno
Escursione davvero bella che partendo da Tirano sale fino a Roncaiola, ridiscende a Tirano, sale alla chiesetta di Santa Perpetua e poi scende a Madonna di Tirano.
Fra la fine dell'ottocento e gli inizi del novecento, la frazione di Roncaiola contava circa 200-300 abitanti.
Le sue origini sono però ben più remote: il suo nome si ispira allo sforzo compiuto dagli antichissimi residenti per strappare alla rocciosa montagna pezzi di terra coltivabile: l'operazione di estirpare cespugli, dissodare e mettere a coltura terreni prima inesistenti, si definiva nel medioevo “runcare o roncare”, il terreno “roncato”diventa “ronco, roncaglia o roncaiola”.
Già alla fine del Seicento, veniva edificata l'attuale chiesa dedicata a Santo Stefano e a Santa Lucia, è possibile che il caratteristico campaniletto, sia stato costruito successivamente ovvero nel Settecento. Una delle due campane risulta, infatti, essere del 1759, un opera attribuibile al fonditore Giovan Battista Soletti di Brescia. La seconda il cui fonditore è anonimo, risale invece al 1684, quindi potrebbe essere stata acquistata e già in un uso in qualche altra chiesa, oppure frutto di una rifusione, ma siamo solo nel campo delle ipotesi.
La costruzione della chiesa e del campanile, quindi, sono successive alla data di fusione della seconda campana citata.
Siamo infatti nel 1688, quando durante una visita pastorale, il vescovo di Como Carlo Ciceri, massima guida della Diocesi dal 1680 al 1694, proponeva la realizzazione di una chiesa al servizio dei residenti delle sparute contrade di mezza costa, Roncaiola, Bedolle e Nasen che allora non contavano più di 60 persone.
“[…] Si procuri di fabbricare un oratorio nella contrada di Roncaiola in monte, acciò vi si possa celebrare e amministrare li SS. Sacramenti”.
Nel 1690 si dava, dunque, inizio alla costruzione del tempio, allo stesso venivano accordati parecchi lasciti da parte della popolazione, ma anche da parte di persone abbienti come nel caso di Stefano Salis il quale, con una donazione del 1725 istituiva il “beneficio cappellania”.
Con questo beneficio si metteva in condizione un prete di celebrare messa in questa frazione isolata. I residenti, infatti, avevano notevoli difficoltà a raggiungere Tirano per prendere parte alle funzioni religiose.
Si percorreva infatti l'attuale mulattiera che già ai tempi veniva definita “erta e disastrosa”.
L'attuale strada veniva realizzata dopo l'ultimo conflitto mondiale e inizialmente si presentava ovviamente sterrata e priva di parapetti.
Tra le personalità religiose operanti a Roncaiola, ancor prima che la Chiesa divenisse per Parrocchia, non si può scordare quella del Conte Don Giuseppe Salis, fratello del Conte Ulisse.
Del Conte Don Giuseppe, non si hanno molte notizie, questi, infatti, aveva vissuto in profonda umiltà e ricordato come sacerdote zelante e caritatevole.
Aggregato alla parrocchia di San Martino in Tirano, aveva prediletto come campo di lavoro la frazione di Roncaiola.
Aveva lasciato questo incarico il primo gennaio 1906, il suo successore Don Egidio Pedrotti, noto storico, scriveva che in quella data “[…] l’ottantenne Conte Don Giuseppe Salis cedeva a me la cura della cappellania di Roncaiola”.
Don Lino Varischetti nella sua opera “Tirano”, aveva trovato diverse memorie dei successori del Salis che testimoniano la bella figura del sacerdote che, “[…] alla nobiltà delle sue origini, aveva saputo sommare la più alta nobiltà di un sacerdozio speso egregiamente per la gloria di Dio e per il bene del prossimo”.
“[…] Il canonico Salis si era conquistato il cuore e la riconoscenza di tutti, quassù, specialmente per la Sua disinteressata carità e per l'affidabilità che Lo distinguevano. Si occupava non solo delle sorti della vita religiosa di quel piccolo branco di anime, ma anche delle gravi necessità di quelle povere famiglie, che abitavano dentro impossibili stamberghe e conducevano la tipica vita randagia e pesante del povero contadino della montagna. Una sera d'inverno, la sera di Natale, vigilia della Festa patronale di S. Stefano, venne chiamato per un'ammalata. La trovò stesa su un po' di paglia, in preda alla febbre. Il buon Canonico non stette a discutere. Tornò a casa, si caricò sulle spalle il suo letto e lo portò alla casa dell'infelice. Ed Egli, rimasto senza giaciglio, trovò subito come rimediare; si coricò sul pavimento e per ripararsi dal freddo, si tirò addosso un panno da morto! Si preoccupò perché, anche ai ragazzi di lassù, fosse data la possibilità di imparare a leggere e scrivere. Fece costruire, a spese sue, quella che è ancor oggi l'aula scolastica e provvide egli stesso a trovare dei maestri cui bastava, come titolo di abilitazione all'insegnamento, aver superata la quinta elementare. C'è ancora chi ricorda che i primi fazzoletti a Roncaiola giunsero portati entro la solita bisaccia del Canonico Salis. Ne aveva regalato uno a tutti gli scolari, non senza averne prima illustrato l'uso a quei monelli, che, prima di allora sembrano ne abbiano volentieri fatto a meno”.
Nel 1935 l'ottantenne contessa Celestina Rolle, vedova di Bernardo, figlio dello statista e scrittore Luigi Torelli, offriva un lascito alla Chiesa affinché Roncaiola divenisse Parrocchia.
Donava una casa per il parroco e una rendita che lo aiutasse a mantenersi in quella povera e sperduta località.
Nel 1937 la Chiesa di Santo Stefano e Santa Lucia diveniva parrocchia affrancandosi dalla Collegiata di San Martino in Tirano, primo parroco era stato l'illustre Don Tarcisio Salice.
Secondo la tradizione cattolica, il 29 settembre 1504 a Tirano, in un orto, la Madonna apparve a Mario Omodei, chiedendogli di edificare in quel luogo un tempio in suo onore. Egli sarebbe quindi stato il primo fedele promotore della costruzione del santuario.
I lavori iniziarono nel 1505, precisamente il 25 marzo, giorno dell'Annunciazione di Maria Vergine, giorno della ricezione dell'autorizzazione a costruire l'edificio religioso firmata dal Vescovo di Como. La struttura esteriore dell'edificio fu terminata nel 1513. Per la consacrazione della Chiesa si dovette attendere sino al 14 maggio 1528 quando, completati gli interni, il santuario venne benedetto dal Vescovo Cesare Trivulzio.
Tra il 1580 e il 1587 si edificarono la cupola e il tiburio, costruiti sotto la direzione del maestro campionese Pompeo Bianchi, già operante come ingegnere presso il cantiere della Cattedrale di Como. Al termine dei lavori, in cima alla cupola fu collocata una statua raffigurante San Michele Arcangelo, opera di Francesco Guicciardi.
Papa Pio XII proclamò la Madonna di Tirano patrona della Valtellina.
Nel 1927 il santuario venne eretto al rango di Basilica minore di Santa Romana Chiesa.
Il 6 luglio 2003 il Vescovo Alessandro Maggiolini elevò la chiesa al rango santuario diocesano.
Il gusto barocco, la grazia e la ricchezza delle decorazioni a stucco, delle sculture e degli affreschi, fanno sì che il santuario venga considerato, con il Duomo di Milano e la Certosa di Pavia, una delle tre chiese più belle della Lombardia.
Ispirato ai canoni rinascimentali di equilibrio e bellezza, il santuario fu presumibilmente progettato da Tommaso Rodari, già architetto della Fabbrica del Duomo di Como. Qui si fondono elementi toscani, lombardi e perfino veneziani (come l'aerea facciata). Suo fratello Giacomo Rodari, si occupò invece della splendida ornamentazione scultorea dei finestroni e dei portoni laterali, completata attorno al 1534, nel portone principale da Alessandro della Scala di Carona. A quest'ultimo autore è attribuito anche il San Giovanni che, all'interno della chiesa, orna il fonte battesimale. Restando all'interno del santuario, tipiche dei Rodari sono anche le candelabre presenti nelle lesene e le formelle che ornano gli archi e le travi.
L'interno si presenta con una struttura articolata su tre navate di cui la centrale misura 20 metri ed ha una larghezza di 14. La particolarità che subito si ravvisa agli occhi del visitatore è l'enorme quantità di stucchi, dipinti e decorazioni presenti sulle pareti e sulle volte del soffitto della chiesa, il tutto teso a ricoprire ogni spazio disponibile, caratteristiche queste che hanno consentito a tale monumento di divenire un insigne esempio della maestria dell'arte rinascimentale lombarda.
Il santuario si presenta poliedrico per la presenza delle opere d'arte che lo adornano: sulla facciata spicca il portale dello scultore Alessandro Della Scala da Carona, mentre all'interno si trova un organo di pregevole fattura, realizzato tra il 1608 e il 1617 dal bresciano Giuseppe Bulgarini. La particolarità di quest'organo è il suo aspetto davvero monumentale nel complesso della chiesa, poiché poggia su otto grandi colonne di marmo rosso ed anticamente, durante la settimana santa quando esso non veniva utilizzato per le funzioni, veniva ricoperto con una tela dipinta ad opera di Carlo Marni del 1650 raffigurante l'Incoronazione della Vergine.
Sempre all'interno, l'altare maggiore si presenta come una pregevole opera di gusto barocco realizzata con intarsi di marmi nel 1748, in armonia con la cantoria lignea dell'abside che risale al 1749. Sull'ancòna, realizzata dai fratelli Giovanni Angelo e Tiburzio Del Maino negli anni tra il 1519 e il 1524[8], una tela seicentesca raffigura il miracolo che ha portato alla costruzione del santuario tiranese.
Nella prima campata di sinistra si apre la cappella della Madonna, dove una statua mariana scolpita dai fratelli Del Maino è ospitata all'interno di un altare marmoreo di inizio Ottocento. L'altare fu realizzato in sostituzione dell'originale in legno, anch'esso di fattura mainiana, requisito nel 1798 dalle autorità della Repubblica Cisalpina al fine di impossessarsi delle porzioni in argento che alla fine del Seicento erano state affisse alla struttura. Alle spalle dell'altare in marmo, uno scurolo conserva un gruppo di stature che rappresentano la scena della presunta apparizione mariana legata al santuario.
Di rilievo è anche il campanile che venne iniziato nel 1578 e completato nel 1641 ad opera del progettista Pietro Marni di Bormio. Anticamente, sul lato est della torre campanaria si potevano vedere gli stemmi delle Tre Leghe (Lega Caddea, Lega Grigia e Lega delle Dieci Diritture), dipinti dal pittore valtellinese Cipriano Valorsa. Originariamente le campane vennero realizzate da «...maestro Claudio Della Paze del Ducato di Lorena, maestro delle campane», che ne realizzò nel complesso tre, successivamente rifuse e portate a cinque. Anche l'orologio subì delle modifiche nel corso dei secoli: un primitivo impianto venne posto nel 1577 e donato dal possidente Lorenzo Peverelli, mentre nel 1828 venne impiantato l'attuale ad opera di Luigi Maccaferri di Gallarate.